Stamattina faremo un salto ad himeji per visitare il famoso castello, ci siamo svegliati di buon ora e come al solito ho una gran fame.
La colazione è abbondante in questo hotel, prendo un po di pesce, delle polpette, qualche surimi, dell’uovo strapazzato con ketchup, dei sottaceti vari, la zuppa di miso, un po’ di succo d’arancia, un umeboshi, del caffè lungo, una ciotola di riso bianco ed il tanto agognato natto.
Con la dovuta calma finisco tutto quello che ho preso e torno nuovamente al buffet per prepararmi del pane tostato con marmellata, la vacanza mi fa uno strano effetto di dilatazione dello stomaco.
Una delle usanze migliori che potete imparare dai giapponesi è quella degli tenugui.
Sono fazzoletti di stoffa di varie misure, alcuni simili a mini asciugamani che gli uomini e le donne usano sempre nei periodi “azui”, caldi ed afosi.
Con questi attrezzi magici riescono a sembrare sempre asciutti e non curanti delle avverse condizioni climatiche.
Le donne li portano in borsetta e lo usano con una discrezione tale che quasi non te ne accorgi, gli uomini invece sono più rudi e li portano attaccati alla cinta del pantalone, poggiati sul collo oppure arrotolati in torno alla fronte se stanno facendo lavori particolarmente faticosi.
Da quando abbiano scoperto pezzuole da sudore non ne possiamo fare a meno, tanto che ne abbiamo comprati a decine nei vari negozi a 100yen.
Per me che non sono abituato sono indispensabili anche in metropolitana per proteggermi il collo sudato dai getti glaciali che fuoriescono dai bocchettoni dell’aria condizionata.
La metro di Osaka, se non viaggiate su linee JR con il vostro pass da turisti è un salasso, per 7 fermate da Namba a shin-Osaka abbiamo pagato 270yen a biglietto, (circa 2,5€).
Inoltre è complicato calcolare il prezzo del biglietto e trovare la linea se non conoscete i kanji delle stazioni, perché non esiste una trascrizione turistica dei nomi come a Tokyo.
Conviene rivolgersi direttamente ad un addetto della metro e farsi aiutare.
Quello che abbiamo incontrato noi, da buon giapponese ci ha addirittura fatto il biglietto alle macchinette.
Oggi è Sabato e la città è tranquilla, finalmente abbiamo prelevato contanti alla banca con la mastercard, perche ai combini non fubziona per il prelievo.
Arrivati in stazione per la prima volta prenderemo il bento, per il viaggio in treno.
E’ difficile scegliere, perché ce ne sono a decine e sono tutti invitanti.
Spiccano nella vetrina nelle loro scatole tutte le riproduzioni in c’era identiche agli originali, tanto che se non lo sapessi potrei prendere a morsi un finto gambero in tenpura scambiandolo per uno vero.
Su ogni scatola oltre al prezzo che varia dagli 800 ai 13.
000 yen (7/11€ al cambio) ci sono scritte le calorie, cosa molto importante per chi ci tiene alla propria linea.
Ne prendiamo due che insieme costano 1800yen (16€) e siamo pronti affrontare il viaggio in treno.
Nei negozietti alla stazione ci sono un infinità di oggetti e gadget completamente inutili ma bellissimi.
Gli ombrelli con il copri manico colorato intercambiabile, i gadget per dare forme buffe ai toast, i taglia alghe a forma di sorriso e tante altre cose simili.
Un ciondolo a forma di samurai con la testa grossa mi osserva dallo scaffale, non resisto e lo compro subito.
Da subito gli assegno un nome degno di rispetto, Musashi, e lo appendo allo zaino fotografico.
Sarà un mio compagno di viaggi da ora in avanti.
Lo shinkansen spacca il minuto, noi sulla striscia colorata assegnata alla nostra carrozza aspettiamo in coda che la porta allineata al centimetro davanti a noi si apra per farci salire.
In perfetto orario siamo già seduti ed in marcia verso la nostra destinazione.
Ad ogni stazione, c’è una musichetta che precede l’annuncio, davvero fastidiosa, sono sicuro che come noi anche i giapponesi la odino.
Alla stazione di Himeji ogni addetto che incontriamo si esibisce con il suo migliore inchino, una di quelle cose a cui ancora non sono riuscito ad abituarmi.
Per un italiano io non sono altro che un semplice cliente ma qui sanno bene che è grazie ai clienti che il loro lavoro è garantito e quindi cercano di essere quanto più gentili è possibile.
Il castello himeji sarà in restauro fino ai primi mesi del 2014, chiaramente non lo sapevano e l’abbiamo scoperto soltanto oggi, quando sulla strada che dalla stazione punta dritta al castello,ho zoommato con la telecamera ed ho notato le impalcature.
Ci sarebbero degli autobus per arrivare in pochi minuti dalla stazione al castello ma noi siamo dei tenaci samurai del camminamento e quindi sotto un sole cocente con un’umidità che si potrebbe in cui si potrebbe nuotare, decidiamo di andare a piedi.
Il parco del castello è enorme ed il sole oggi ha deciso di mostrarci tutta la sua potenza cuocendoci come carboni sulla graticola.
Non ho ancora trovato un cappellino che mi piace e quindi per non soccombere vado in giro con la mia piccola asciugamano poggiata sulla testa.
L’umidità sfiora il il massimo valore percentuale possibile e si suda come bottiglie gelide messe al sole.
Ho perso il conto delle bottiglie d’acqua, tè verde e calpis che ho bevuto ma ancora continuo ad avere una sete incredibile.
Del castello riusciamo a vedere pochissimo, una sala laterale con le armature, qualche tegola e tantissime cataste di legno ammassate per il restauro.
Se l’avessi saputo mi sarei risparmiato questo viaggio sotto al sole per farmi un giro tranquillo al centro di Osaka.
Cercando magari di trovare un venditore di spiedini di interiora.
La parte più bella della visita è percorrere a piedi scalzi il camminamento che corre lungo tutto il lato destro del castello.
Sono completamene fradicio e vi consiglio, se non siete davvero costretti come me di non imbarcarvi in una vacanza giapponese durante il mese di agosto.
Per trovare un minimo di pace e freschezza ci spostiamo al lato del castello per visitare il famoso giardino Koko-en.
Il giardino è bellissimo, ad ogni angolo si rimane incantati ad osservare paesaggi mozzafiato, piccole cascate di rocce ormai levigate, laghetti pieni di carpe colorate che farebbero la felicità di sampei, sentieri di sassi tra la vegetazione e ponticelli di roccia sospesi sull’acqua limpida.
Ogni tanto lungo i sentieri si trovano dei bellissimi gazebo in legno, sono punti di ristoro dove è possibile sedersi un attimo a meditare, chiacchierare o semplicemente ammirare la bellezza del paesaggio che ci circonda.
Il rumore delle cicale è assordante in questo periodo, sembra che si stiano lamentando anche loro del caldo afoso che non ci fa respirare.
Se potessi dilatare il tempo mi fermerei qui delle ore ad ammirare tutta la bellezza racchiusa in questo piccolo e perfetto mondo ma i nostri ritmi sono scanditi da un tempo avverso e quindi dobbiamo muoverci, avanzare verso la prossima meta.
Sulla strada del ritorno verso la stazione dedichiamo un po’ di tempo allo shopping ed in un elegante negozio di kimono, compriamo degli yukata, uno per Simona con sfondo nero e fiori rosa, uno verde per me ed un altro come regalo di nozze per un amica.
Il negozio ha un arredamento così antico da sembrare di aver fatto un salto indietro nel tempo.
I mobili sono in spesso legno ormai scurito dal tempo, la zona di vestizione è un enorme tatami sopraelevato, come un palcoscenico privato su cui esibirsi.
Da un lato c’è un paraluce pieghevole di legno decorato con antiche tavole giapponesi dai ricami dorati ed un enorme specchio inclinabile per osservarsi interamenre.
Il locale è enorme e le luci sono scarse, illuminano solo i punti cruciali delle attività di vendita.
Il pagamento avviene su un enorme scrivania con piano in cristallo, seduti comodamente su vecchie sedie di pelle rosso porpora.
Sembra un atelier del periodo meiji che è arrivato intatto fino ai nostri giorni.
La cortesia è unica ed i gesti dei tre venditori presenti sono lenti e studiati nei minimo dettagli, niente è lasciato al caso.
Per ripiegare lo yukata ci impiegano un tempo che mi è sembrato eterno, ogni angolo deve essere perfetto, ogni piega rispettare esattamene quella precedente e la confezione finale deve essere perfetta, come se non fosse mai stata aperta.
Gli yukata non sono quelli economici che si trovano sulle bancarelle per strada e lo si capisce anche solo toccandone la stoffa.
Vale davvero la pena spendere qualcosa in più per avere davvero un prodotto elegante e di qualità.
Non mi è chiaro perché qui ad Himeji sulle scale mobili ci si metta sulla destra e non a sinistra come a Tokyo ma forse un giorno queste dinamiche saranno più chiare, intanto riprendiamo il nostro shinkansen per tornare ad Osaka che la sera incombe.
Anche qui in Giappone la gente sulla metro si comporta come a Roma, si accalca nei pressi delle porte più vicine alle scale mobili e sale nei vagoni più affollati.
Spostandosi invece verso i vagoni in testa al treno c’è sempre la possibilità di sedersi e viaggiare comodamente.
Ritornati ad Osaka abbiamo fatto il solito giro serale sulla Dotonboridori per poi fermarci a mangiare un okonomiyaki non molto lontano dal nostro albergo.
La gentile proprietaria non ci ha lasciato preparare l’okonomiyaki da soli perché credo ci abbia ritenuto poco esperti.
Quindi ce li ha serviti direttamente pronti sulla piastra calda del nostro tavolino.
E’ strano che i due ragazzi giapponesi seduti al tavolo accanto non siano riusciti in due a finire per intero un solo Okonomiyaki mentre noi ne abbiamo divorati due in una frazione di secondo, forse loro sono troppo innamorati per pensare al cibo, invece noi siamo troppo innamorati del cibo.
Per ora è stato il miglior okonomiyaki mangiato in Giappone ma c’è ancora tempo per provarne altri.
Questo articolo è stato scelto dal blog
Laboratorio Linguistico Italiano a cura di Tokai Takeshi e tradotto in giapponese.