Questa mattina andremo a Kyoto, forse la città più interessante del Giappone, quella più ricca di monumenti del passato, una delle antiche capitali del Giappone.
Qui a Kobe ma anche ad Osaka, noto per strada una gran quantità di bici, molto più che a Tokyo, le persone si spostano usando delle eleganti bici da passeggio.
Non riesco però a capire perché non ci sia nessuno che abbia le ruote messe a pressione, viaggiano tutti con la ruota posteriore veramente molto sgonfia.
Sarà una moda, oppure semplicemente non ci fanno caso perché non si preoccupano troppo della manutenzione.
Nei pressi della stazione c’è una ragazza che porta il suo cagnolino nello zaino, non usa una borsa o la trasportina ma lo tiene sulle spalle come se fosse un bebè nel suo marsupio.
Il cane ci guarda con aria curiosa, forse non è abituato a vedere due italiani con un carico di valige che passeggiano per la città.
Come ogni giorno in stazione, c’è sempre un addetto, in questo caso una anziana signora, che pulisce tutti i passamano delle scale con uno straccio e del disinfettante.
Mi viene in mente che da noi mi fa quasi schifo toccare un passamano nelle stazioni perché probabilmente non è mai più stato pulito dopo l’installazione iniziale della scala.
Anche oggi dobbiamo prendere uno Shinkansen, trovare la propria carrozza nelle stazioni, anche quando non ci sono gli indicatori elettronici é semplice, basta conoscere il nome del treno ed il numero totale delle carrozze di cui è composto, poi posizionarsi seguendo le etichette adesive sulla banchina.
Nel nostro caso dobbiamo prendere un ikari lungo 16 carrozze e la nostra cartozza è la 7.
Quindi secondo la tabella adesiva si fermerà esattamente in questa posizione, ed aprirà la porta della settima carrozza in corrispondenza della linea disegnata per terra.
Sul treno due bimbi piccolissimi viaggiano da soli, a Kyoto li aspetta la mamma, avranno 4 e 6 anni al massimo ma sono così buoni ed educati che li manderei anche io in giro da soli.
Considerando poi che non esistono problemi di persone che rubano i bambini, qui vi capiterà spesso di vedere dei bambini molto piccoli andare in giro da soli.
Kyoto é probabilmente la città degli anziani disponibili e chiacchieroni, il primo che incontriamo ci ferma due volte e ci ripete in continuazione che è stato 5 anni a Roma, 2 a Napoli e 3 a Torino, è simpatico e spiccica qualche parola di italiano, tanto che per un po’ ci segue continuando a raccontarci le stesse identiche cose.
Subito dopo ci aggancia un secondo vecchietto, non conosce l’italiano e conosce tre o quattro parole di inglese.
Ci fa un lungo discorso di cui capisco più o meno il 5%, lo ringraziamo e riusciamo a svincolarci con qualche inchino.
Al centro informazioni c’è una vecchietta molto vispa che mi spiega mille cose sulla città, la strada da seguire e le cose da vedere ma non la smette più di parlare, non so come fare a liberarmi dalla sua morsa.
Gli anziani qui devono mangiare qualcosa di speciale per essere così iperattivi.
Prima di raggiungere il nostro hostel ci ferma un terzo anziano signore, parla un ottimo inglese e vuole per forza esserci d’aiuto, così gli chiediamo di spiegarci la strada e ci accompagna per un bel po’ del tragitto, poi ci saluta e dice che deve andare in cerca di altri stranieri da aiutare.
Sono sorpreso, perché non era successo da nessuna altra parte che tante persone si interessassero a noi senza che glielo avessimo chiesto.
Dopo aver sbrigato le pratiche necessarie in hostel, aggrediamo subito la città ed i suoi templi.
Qui sembra che tutti girino in bici, a piedi e con i mezzi pubblici, le auto sono pochissime e le strade molto ampie, anche se c’è la metropolitana il mezzo più comodo per spostarsi sono gli autobus cittadini.
Il tempio più vicino, si fa per dire, è il Kiyomizu-dera, quindi lo prendiamo come punto di inizio della giornata.
Io ho in testa un largo cappello di paglia che Simona ha comprato in un negozietto ma non usa.
E’ leggero e molto comodo e tiene il sole cocente lontano dal mio cervello, non credo che lo toglierò più, da ora in avanti.
Lungo la strada incrociamo il tempio Sanjusangendo e decidiamo di entrare.
Nel tempio è possibile ammirare le 1001 statue della dea Kannon ed altre statue in legno, non ci vuole molto a percorrere tutto il corridoio che le contiene.
Anche se sembrano tutte uguali nessuna statua è uguale all’altra, sono tutte diverse e sono di una bellezza incredibile.
Fuori dal tempio noto una serie di bici con multa allegata, non sono parcheggiate negli appositi spazi e si sono beccate tutte la contravvenzione.
Chiaramente non c’è una targa, quindi basterebbe strappare la multa e fare finta di niente, ma sono sicuro che a nessuno verrà in mente una simile assurdità e tutti andranno a pagare la multa ricevuta.
Il primo impatto con la città è affascinante tanto che decidiamo di girarla a piedi.
Camminiamo un ora per raggiungere il tempio Tennoju, sulla mappa cittadina sembra tutto molto più vicino, non lasciatevi ingannare e prendete gli autobus cittadini invece di tentare la sorte a piedi con un simile caldo.
Le strade cittadine sono immerse nel verde, c’è un magnifico silenzio ed una pace che sono rotti ogni tanto dal rumore dei taxi di chi ha il culo pesante e non vuole usare i mezzi pubblici.
Quando entrate a visitare un tempio dovete togliere le scarpe e spesso vi mettono a disposizione delle pantofole per piedi molto piccoli, mi fanno un gran male ai piedi, sarebbe meglio andare in giro a piedi scalzi piuttosto che continuare a soffrire con queste cose ai piedi.
Nel giardino di un tempio c’è una famiglia con tanto di guida personale, stanno tutti in silenzio ad ascoltare le parole della guida ed ogni tanto pronunciano all’unisono un sonoro uhmmm.
Qui si paga per visitare ogni minimo giardino zen, tempio, altare o qualsiasi altra cosa troverete, quindi vi consiglio di avere già bene in mente le cose da vedere, per non ritrovarvi poi ad aver speso una fortuna a guardare anche cose poco interessanti.
I tassisti che accompagnano le persone a visitare i templi, lasciano per ore le auto in moto con l’aria condizionata accesa, scendono dall’auto e fanno da guida per i turisti, capisco che sia bello offrire al turista un auto sempre fresca ma sarebbe meglio provare a rispettare un po’ di più questo magnifico ambiente che ci circonda e magari spegnerla quando non la si usa per un bel po’ di tempo.
Il caldo è tremendo e si suda senza sosta, mi sto bevendo tutte le bibite dolci e gassate che trovo nei distributori automatici, questa volta prendo una pink cyder, una bevanda molto dolce, frizzante e dal colore fucsia, il cui gusto definirei indescrivibile ma tutto sommato piacevole.
Decidiamo di prendere un autobus e spostarci nella zona nord est della città per andare a vedere il famoso Santuario Fushimi Inari Taisha con i suoi migliaia di torii vermigli.
Lo spettacolo visivo che vi si parà davanti agli occhi quando vi infilate sotto la distesa infinita di torii è incredibile e rappresenta forse, l’idea che da sempre avevo in mente quando provavo ad immaginare il Giappone.
Non gli altissimi grattacieli di città, le strade affollate e le mille insegne luminose ma tutto questo susseguirsi di torii rosso vermiglio che si estende a perdita d’occhio.
Con lo zaino sulla schiena, la fotocamera in una mano e la videocamera nell’altra li attraverso tutti inerpicandomi in salita per raggiungere la cima del monte.
Il percorso è lungo circa quattro chilometri ma la cosa non sembra preoccuparci, siamo incantati dalla magia e la bellezza del luogo e non abbiamo più fretta di arrivare o di tornare da nessuna parte.
Ci sono solo le nostre figure che si incamminano lungo un tratto di storia del Giappone ed ogni tanto, quelle di altri visitatori che man mano che saliamo, cedono il passo alla stanchezza e tornano indietro.
Le scale, i sentieri lastricati ed i torii non finiscono mai, ci sono spiazzi con piccoli tempi dove fermarsi a pregare e tantissimi altari con piccole statue.
Alcune portano il bavaglio rosso e bevono sake dai barattoli che i passanti lasciano come offerta.
Il tempo sta scorrendo senza che ce ne rendiamo conto ed il cielo insegue sempre più la notte.
Camminiamo da un tempo indefinito ormai, ma la vetta è vicina e pure placare la sete a questa altezza diventa più costoso, infatti il prezzo delle bevande nei distributori che troviamo lungo il cammino sale in maniera proporzionale all’altezza raggiunta.
Il percorso dei tori ha più diramazioni ma per fortuna alcuni piccoli cartelloni riescono ad indicare bene la strada ed i tempi di percorrenza.
Non siamo troppo lontani dalla vetta e non cederemo proprio adesso.
C’è gente che smonta i mini tori dagli altari per farsi delle stupide foto ricordo, preferirei che non esistessero persone così stupide da giocare con oggetti sacri.
Dopo l’ultimo tratto di scale giungiamo alla fine del percorso, qui sopra, con Kyoto ai nostri piedi c’è solo il cielo blu ed un gruppetto di giovincelli intraprendenti, tutti gli altri camminatori sembrano essere spariti nel nulla più assoluto.
Restiamo incantati a guardare il sole che tramonta, la luce rosa che si diffonde nel cielo e la foschia della sera che si alza dagli alberi lungo la montagna, per il resto è silenzio, un silenzio assoluto che nemmeno le cicale riescono ad infrangere.
Mi sento felice come non lo sono mai stato prima, sono nella terra in cui ho sempre sognato di vivere, nella città più bella e ricca di tradizioni, e sono sulla cima di un monte sacro con Simona che condivide questa mia strana passione.
Quando cominciamo la discesa mi accorgo subito che è più faticosa della salita, il buio è calato tutto intorno e la strada è illuminata da luci fioche e lanterne che ora colorano i tori di un rosso scuro molto intenso.
Bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi, per non schiacciare qualche insetto o non prendere una storta sugli scalini incerti che alla luce delle lanterne si confondono nelle zone d’ombra.
E’ difficile descrivere la bellezza di questo luogo adesso che è sera e che non si incontrano più passanti, c’è un silenzio rassicurante ed è la serata perfetta per incontrare un fantasma, uno di quelli che si incontrano solo nelle notti di dìestate.
Siamo anche incerti sulla strada da prendere, al buio le diramazioni non sembrano più le stesse dell’andata, spero di non finire da un’altra parte del monte perché non vorrei passare la notte a vagare tra le montagne dl Kyoto.
Dopo tre ore e mezza di cammino continuo, riusciamo ad uscire dal tunnel di tori e ci infiliamo nella stazione JR con direzione albergo, solo che è tardi e non conviene tornare prima in camera per poi uscire di nuovo, così decidiamo di trovare qualcosa da mangiare nella mega stazione di Kyoto.
La stazione di Kyoto è un enorme edificio futurista di almeno 11 piani, sembra essere arrivata sulla terra direttamente dallo spazio, una sorta di astronave madre poggiata per terra ed attraversata dai treni e da milioni di persone.
Ad ogni piano ci sono enormi corridoi pieni di negozi e ristoranti di ogni tipo, c’è l’imbarazzo della scelta e non sappiamo dove fermarci, così scegliamo a caso un ristorante che prepara gli okonomiyaki.
Una cameriera molto simpatica ci fa accomodare su di un tavolo con piastra al centro e ci chiede che tipo di okonomiyaki vogliamo, non è che il menù internazionale sia troppo chiaro ma per fortuna ha le foto, così gli indichiamo due okonomiyaki enormi e ci facciamo portare due birre alla spina, capiscono bene la parola beer inglese perché anche la loro deriva da quella inglese, così non rischierete mai di restare senza birra.
La birra in Giappone costa veramente poco, specialmente se la prendete insieme ad un menù, infatti per prenderla con l’okonomiyaki basta aggiungere al prezzo due euro.
La ragazza ci porta subito le birre ed accende la piastra incorporata nel tavolo, poi ci offre delle umeboshi, le prugne salate giapponese, che hanno un gusto tra il dolce, il salato, l’aspro e l’amaro.
Queste in particolare sono buonissime, forse le migliori che abbia mai provato in Giappone.
Quando ritorna ha con se delle ciotole con dentro un impasto di cavolo, carote, zenzero, uova e pastella, lo rigira per bene nelle ciotole e poi le versa sulla piastra formando due dischi compatti, poi si raccomanda di non toccarli e si segna il tempo sull’orologio.
Dopo circa cinque minuti torna e gira i dischi dall’altro lato, poi ci dice di aspettare ancora e sparisce, quando torna ha due nuove ciotole con dentro degli spaghetti, li prende e li adagia sui dischi, poi ci abbandona di nuovo e ci ricorda di non mangiare fino a che non sarà tornata e non avrà finito la preparazione, nel frattempo io la riprendo e non sembra essere troppo scocciata come di solito lo sono alcune cameriere.
Dopo un altro po’ di tempo torna per dare il tocco finale all’okonomiyaki, ci mette la maionese, poi un bel po’ di salsa okonomiyaki ed infine lo guarnisce con scaglie di tonno e alghe sminuzzate.
Quando lo proviamo restiamo senza parole, è buonissimo e siamo contenti di aver scelto proprio questo tipo con la pasta sopra.
Alla fine della cena paghiamo un conto in due persone di 3269Yen, sono al cambio del momento circa 26€, veramente poco rispetto a quanto costa mangiare una pizza da noi a Roma.
Salutiamo la cameriera con profondi inchini e sorrisi ed andiamo a fare un giro sulla terrazza superiore della stazione, di notte la vista pare sia fantastica.
La mega scala mobile che porta fino su in cima alla stazione è chiusa di sera, così ci tocca fare la scalinata gigante a piedi, non ci perdiamo d’animo e la percorriamo lentamente fino in cima.
Sulla terrazza ci sono alcuni giardinetti con alcuni alberi molto curati, le coppette vengono ad amoreggiare nell’oscurità più profonda e c’è una vista sulla città stupenda da tutti i lati della stazione.
Proviamo ad andare a piedi sul lato posteriore, percorrendo un tratto di tetto completamente vuoto ma quando arriviamo in fondo troviamo due giapponesi di una certa età, vestiti in abiti eleganti che pomiciano in maniera un po’ spinta dietro un pilastro, così decidiamo di non disturbarli e torniamo indietro nella zona illuminata.
Si è fatto tardi e siamo stanchi, visiteremo la terrazza di giorno quando ci sarà più luce, ora ce ne torniamo in hotel dove ci aspetta la nostra piccola stanza ed un letto accogliente, dalla stazione saranno quasi quindici minuti a piedi ma noi siamo abituati a camminare tanto, così torniamo in camera per provare un po’ a riposare.