Ci svegliamo di prima mattina per riuscire a vedere il più possibile, la città è troppo ricca di cose da vedere e non abbiamo poi tanto tempo a disposizione ma prima di tutto andiamo al caffè collegato al nostro hostel per fare un abbondante colazione.
Che delusione scoprire che è ancora chiuso e che serviranno le colazioni a partire dalle 8:00, ci toccherà farla in qualche ristorante alla stazione.
Lungo la strada che porta in stazione incontriamo per puro caso della sorte Marco Dondake Rondoni, un ragazzo che abbiamo conosciuto in Italia e che fa da guida ai turisti italiani in Giappone.
Se ne sta comodamente fuori ad un conbini a bere latte e mangiare qualcosa che a giudicare dalla sua espressione sembra saporito.
Marco è una persona simpaticissima e quindi ci fermiamo a raccontargli brevemente il nostro viaggio, approfittando della sua esperienza per farci dare qualche consiglio sulle cose più importanti da vedere a Kyoto e come conviene organizzare il giro.
A malincuore lo salutiamo perché ha da recuperare il suo gruppo di turisti ed andiamo in stazione.
In stazione ci sono molti ristoranti già aperti in cui poter fare colazione ma Simona è nella sua fase di indecisione, quando fa così, già so che finiremo col non mangiare niente.
Per raggiungere i templi sparsi per la città non bastano le line JR e quelle metro, dobbiamo prendere alcuni autobus cittadini, così per non dover fare tutte le volte il biglietto, compriamo due pass da un giorno al costo di 500Yen (circa 4€) cadauno.
Il city pass permette di viaggiare su tutti gli autobus cittadini che restano delimitati dentro una zona segnata in rosso sulla cartina che vi danno in dotazione.
Per raggiungere luoghi più remoti ci toccherà prendere un treno oppure pagare un biglietto apposito.
Decidiamo di fare colazione direttamente nella biglietteria degli autobus, dove prendiamo dei dolci, qualche tramezzino, un caffè ed un caffellatte.
E’ tutto pessimo ed è la peggiore colazione che abbiamo fatto fino ad ora in Giappone.
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Per arrivare al Kinkaku-ji, ovvero il tempio del Padiglione d’oro prendiamo l’autobus 205, Simona sembra sicura di quello che sta facendo e con la cartina in mano controlla direzione e fermate ripetendomi che basta scendere quando scendono tutti ma ad un certo punto del viaggio, mentre io sono immerso nella guida turistica di Kyoto affidandomi a questa sua estrema sicurezza mi dice che non sa dove siamo e che forse abbiamo saltato la fermata.
I turisti sono scesi prima ma non li abbiamo seguiti, così mi desto da i miei pensieri e cerco di capire cosa stia succedendo.
Non è facile orientarmi senza conoscere le strade e poter leggere i nomi delle fermate, così un po’ infastidito mi prendo la mappa degli autobus e comincio a studiarla con aria incerta.
Leggo il nome di tutte le fermate dell’autobus sulla mappa ed ascolto attentamente gli annunci dell’autobus fino a riconoscere il nome di un luogo, per fortuna non abbiamo saltato la fermata e ci vuole ancora del tempo prima di arrivare al padiglione d’oro, così guardo Simona un po’ in cagnesco e le dico che ci penso io, da adesso, agli autobus e le fermate.
Al tempio Kinkaku-ji non ci sono tantissime cose da vedere oltre all’edificio con il padiglione d’oro ma devo dire che, forse anche solo quello, vale il costo del biglietto e la fatica di arrivare fino a qui.
Posto dietro un magnifico laghetto artificiale di estrema bellezza, dove ogni albero e roccia sono disposti in modo da stupire chi li osserva, il padiglione ricoperto di oro luccicante si pavoneggia rubando la scena a qualsiasi cosa ci sia intorno.
La folla di turisti già dal mattino è esagerata e bisogna lottare per ottenere uno spazio libero per farsi una foto ricordo con il padiglione alle spalle.
La visita è pilotata per smaltire abbastanza velocemente la folla di persone, prima ci fanno accomodare in una zona dove poter fotografare il padiglione da lontano e dopo ci lasciano girare intorno, in modo da ammirarlo da angolazioni differenti.
A guardarlo da vicino, quasi da fastidio alla vista questo suo luccicare, mentre il riflesso del sole sul lago, danza sulle pareti dorate.
Oltre al padiglione c’è una cosa molto importante da vedere, la più famosa e fotografata stanza del tè del mondo.
I turisti la osservano un secondo, ne fotografano ogni dettaglio e poi passano via senza nemmeno domandarsi cosa sia.
Io per un attimo mi perdo nella mia immaginazione ed immagino Sen no Rikyu, uno dei più famosi monaci zen, che ha canonizzato e contribuito alla diffusione della cerimonia del tè anche tra la gente comune, che serve il tè con gesti lenti e ben definiti, mentre i suoi ospiti lo osservano in silenzio aspettando il proprio turno di girare la tazza tra le mani per poi berlo in soli tre sorsi.
Devono essere state celebrate migliaia di cerimonie in questa sala ed ora è solamente un teatrino per turisti curiosi.
Lasciamo il tempio seguendo il flusso della gente che ci accompagna all’uscita, io voglio andare a vedere un tempio che si trova qui vicino, il Daitoku-ji, Simona è contrariata, perché dice che non è nemmeno menzionato sulle guide ma io insisto e ci incamminiamo senza aspettare l’autobus.
A piedi come al solito il tragitto è lungo e ci vogliono più di 25 minuti, sotto un sole cocente e senza il cappello e la nostra pezzuola per il sudore che abbiamo dimenticato in camera stamane.
Il Daitoku-ji è una zona di kyoto immersa in una specie di grande parco dove sono riuniti più templi, quello principale come al solito è chiuso ma c’è il famoso e piccolo giardino zen Daisun-in da visitare.
Per qualche motivo che opancora mi sfugge, decidiamo di non vederlo e dopo aver passeggiato un po’ nella zona ci infiliamo in un altro tempio con annesso giardino zen, il Ryogen-in.
Dopo aver pagato il biglietto di ingresso ed esserci tolti le scarpe giriamo in questo piccolo tempio ammirando i due minuscoli giardini zen.
Simona dice di non capire i giardini zen ma io non sono in grado di spiegargliene l’essenza o il modo personale che ognuno ha di interpretarli e trarne giovamento dalla bellezza e l’armonia che a volte sono in grado di trasmettere.
Dal tempio vogliamo raggiungere il Ryoan-ji, un giardino zen molto famoso che è indicato su tutte le guide come tra quelli più interessanti in Giappone, così cerchiamo una fermata dove aspettare il numero 12.
Alla fermata sono tutti in fila come sempre in modo da rispettare il proprio turno di arrivo, non riusciamo però a capire a che ora arriverà l’autobus e continuiamo a sporgerci lungo il ciglio della strada per capire quale autobus è in arrivo mentre tutti stanno comodamente fermi alla fermata senza guardare la strada.
Improvvisamente sento un suono e nella colonnina meccanica posta sulla banchina, appare un bollino giallo vicino al numero 12 che riporta la scritta “bus approaching”.
Ecco perché nessuno guarda la strada, perché appare magicamente qui l’avviso di quale autobus si sta avvicinando, con dei bollini gialli che indicano la distanza in fermate e tempo.
Ancora stupito della cosa, mi metto in coda per salire dalla porta posteriore dell’autobus.
Si sale infatti solo da dietro, dopo che tutti i passeggeri sono scesi da quella anteriore ed hanno pagato il biglietto sotto lo sguardo dell’autista che si preoccupa però solo dei turisti, i giapponesi infatti lasciano cadere la cifra esatta nella vaschetta e vanno via senza problemi.
Dall’autobus noto un cartello di un ristorante un po’ strano, c’è riportata la scritta “free” e c’è un disegno di una brace e dei pezzetti di carne.
Provo a leggere meglio per capire di che cosa si atta e mi accorgo che si può effettuare una prova gratuita del ristorate della durata di 10 minuti, durante i quali è possibile arrostire e mangiare quello che uno preferisce.
Subito immagino i risvolti di una cosa del genere in italia, ci sarebbe la fila di gente che arrostisce in 10 minuti, quanta più carne è possibile per poi andare via dicendo che non gli è piaciuta.
Così per un attimo mi rattristo pensando che sarò costretto a ritornare ben presto in Italia e che questo paese fantastico di sicuro non mi vorrebbe che come turista.
Quando scendiamo dall’autobus e guardo l’orologio inzio a pensare che qui il tempo scorra in maniera diversa e più veloce, specialmente per noi che siamo in vacanza e che vorremmo giornate di lunghezza eterna.
Ci svegliamo ogni mattina verso le 7 ed in un attimo è già ora di pranzo, poi il tempo di fare una doccia in albergo ed è subito sera.
Il giardino del Ryoan-ji è pieno di turisti e non mi sembra poi questa grande meraviglia, secondo me non è nemmeno tra i più bei giardini zen del Giappone ma ormai siamo qui e ci fermiamo per cercare di coglierne l’essenza.
E’ difficile con tutta questa gente che parla ed i bambini che fanno confusione astrarsi dalla situazione e lasciar viaggiare libera la mente, quindi il giardino appare come ghiaia calda sotto il sole cocente in mezzo ai flash dei tanti turisti incuriositi.
Che avranno da sparare il flash con questa luce diffusa non lo capisco ben e forse nemmeno loro.
A Simona proprio non piace, insiste col dire che non riesce a capirne il senso e sono convinto che nemmeno tutti questi rumorosi turisti che sono qui a scattare fotografie riescano a capirlo, perché nemmeno io, che ne resto sempre affascinato quando li guardo attraverso il teleschermo nei documentari, riesco ora a provare sensazioni particolari.
Il concetto di bellezza ed estetica zen è differente da quello della bellezza canonica, l’essenza della bellezza è nelle cose semplici e nella natura, nei segni del tempo visibili sulle cose e nei luoghi, e nell’astrazione del pensiero dalla quotidianità.
Un concetto non immediato che oggi con questa confusione difficilmente si può comprendere.
Anche nelle zone di ristoro dei templi i fumatori sono relegati in apposite zone, delimitate come se fossero una razza da tenere separata per non inquinare la purezza degli altri, forse è un bene ed un deterrente trattarli in questa maniera così forte.
Qui vicino, si fa per dire, c’è il tempio Ninna-ji con una famosa pagoda ed alcuni templi da visitare di cui molti a pagamento.
Per fortuna la zona è accessibile senza biglietto, così, facciamo un giro tra i templi solo per osservare la pagoda e gli edifici principali.
È pieno di alberi di ciliegio che in agosto non hanno alcun fascino ma in primavera rendono la zona un paesaggio di rara bellezza.
D’estate in Giappone si spende più in bevande che in qualsiasi altra cosa, questo l’hanno capito bene i giapponesi, così ad ogni angolo di strada ed in ogni tempio, hanno messo distributori di bevande ghiacciate, gelati e perfino qualche distributore di noodles.
Facendo un rapido conto in una giornata riusciamo a spendere in due quasi 25€ di bevande energetiche, bibite gassate o semplici bottigliette d’acqua.
Sono molto affascinato dal modo di vestire delle giapponesi, in particolare mi piace questa moda che hanno da sempre e che a molti occidentali potrebbe sembrare strana di portare calze scure o gambaletti fino alle ginocchia per poi completare l’abbigliamento sempre con un gonnellino.
Trovo che sia un abbigliamento molto sensuale e che doni qualcosa in più ad una ragazza rispetto al semplice vestitino lungo estivo con sotto un paio di scarpe eleganti.
Molte ragazze giapponesi sono bassine ed hanno i polpacci più grandi delle ragazze occidentali ma anche questa caratteristica fisica mi è sempre piaciuta e preferisco questo tipo di ragazze a quelle anoressiche vestite alla moda.
Il controllore del traffico al capolinea degli autobus tira fuori dal fodero la sua spada infuocata e dirige il traffico degli autobus dentro e fuori dal deposito, non resisto e gli scatto una foto di nascosto per portarmi a casa questo insolito ricordo.
Il nostro autobus passerà tra 20 minuti esatti ed alla banchina soffro per tenere gli occhi aperti, così appena saliamo sull’autobus crollo in un sonno profondo.
La zona più bella ed interessante di Kyoto è quella di Arashiyama da dove si accede alla foresta di bambù, ci sono un una serie infinita di ristoranti, negozi di souvenir, bancarelle con cibo da asporto, e tantissima gente che passeggia.
Molte persone se ne stanno sul letto del fiume con i piedi in ammollo a chiacchierare serenamente, con questo caldo deve essere un modo piacevole di passare il tempo.
Paghiamo 500 yen per vedere un drago in bianco e nero i cui occhi ti fissano da qualsiasi posizione viene osservato, non è certo una meraviglia artistica classica che rispecchia i nostri canoni artistici ma a me piace, anche se Simona si lamenta tutto il tempo perché gli sembra di poco valore.
Per entrare nella foresta, basta invece, aggirare il tempio del drago osservatore ed entrare nella stradina laterale.
La foresta è spettacolare e mi riporta alla mente tutti i duelli dei samurai che negli anime finivano sempre per sfidarsi tra gli alti gusti delle canne di bambù.
È quai magica la luce che filtra dagli altissimi fusti e si diffonde sul sentiero che attraversa la foresta.
La gente però è tantissima e riempie ogni inquadratura rendendo meno spettacolare la vista.
Credevo fosse un percorso lungo ma non ci vuole molto ad attraversare tutta la foresta di bambù e spuntare oltre in un bosco.
Per ritornare verso il centro ci dirigiamo direttamente alla stazione JR dove passa il treno per Kyoto.
Per strada incontriamo un venditore di cetrioli e pannocchie che per 200yen mi vende una pannocchia grigliata.
Dovevo venire fino in Giappone per comprare una pannocchia ad un prezzo accettabile, perché da noi ormai sono impazziti e non le vendono a meno di 4€.