All’aeroporto di Narita, dopo lo sbarco, ci fanno attraversare una zona con delle speciali telecamere che misurano la temperatura corporea di ogni passante, questo perché in caso di temperatura elevata, si attiva automaticamente una procedura di quarantena e potete dire addio a parte della vacanza.
I giapponesi all’aeroporto stanno a tremila, efficienti e rapidi come nessun impiegato italiano, mi chiedo come potranno sentirsi alla fine di una lunga giornata di lavoro, di sicuro avranno bisogno di un antistress o di un corso di rilassamento post lavoro.
Narita è immensa, disposta su quattro piani più uno sotterraneo, sembra una piccola città. Se siete in cerca di qualcosa, lasciate perdere le mappe e domandate ad una delle centinaia di ragazze addette alle informazioni sparse in tutto l’aereoporto, si riconoscono dalle cartelline con il punto interrogativo rosso, oppure dalla scritta punto informazioni, chiaramente parlano in giapponese ed inglese.
Se avete da cambiare moneta, andate direttamente al quarto piano, dove pare che il cambio sia sempre più conveniente. Noi abbiamo cambiato a 125,430 per ogni euro, molto meglio degli uffici di cambio italiani, ed è incluso commissioni. A Fiumicino volevano cambiarci moneta a 109 yen per euro.
Spesso nei pressi delle scale mobili troverete delle persone addette ad avvisarvi di avere cura della valigia nella salita e discesa, per non arrecare danno a voi stessi e gli altri. Non dimenticatevi di mettervi sul lato sinistro della scala mobile perché chi va di fretta vi guarderebbe male.
Simona ha sonno e quindi per la prima volta acquistiamo una bevanda dai famosi distributori automatici.
È un caffè nero amaro ed ottimo, costa solo 1€, è l’ideale se non sapete rinunciare al gusto forte del caffè e non volete farvi spennare con un espresso all’italiana che di italiano ha veramente poco nei vari coffe sparsi in giro per il paese.
Simona mi impedisce di fermarmi a mangiare nei centinaia di ristorantini di sushi e Ramen che offrono menù completi a prezzi convenienti, così devo accontentarmi di fotografare e guardare le riproduzioni in plastica disposte all’esterno dei locali.
Mi sembra eccessivamente preoccupata di dover fare tutto in fretta, io invece mi sento pienamente in vacanza da quando l’aereo ha toccato terra e tutte le mie paure si sono dissolte come nubi al calore del mattino.
Non facciamola arrabbiare e cambiamo il japan rail pass che ci aprirà le porte dei trasporti giapponesi per 21 giorni a partire da ora.
Nel prenotare i treni per i prossimi giorni abbiamo fatto un gran casino, non sappiamo più che treni prendere, a che ora è che tratta percorrere, e pensare che avevo segnato tutto e lasciato il compito a Simona di trascriverlo ordinatamente sulla sua cartellina organizzata.
Prima di farci salire sul treno una squadra di pulizie ha chiuso gli accessi ed è entrata a ripulire tutti i vagoni, lo stesso che succede in Italia sui vagoni dei nostri treni.
Il Narita express corre veloce sui binari mostrandoci verdissimi boschi e piccoli centri abitati, con cassettine basse dai tetti spioventi. Ogni casa ha massimo due piani e l’ingresso indipendente che da su strette stradine molto affascinanti che ricordano i disegni dei manga che leggevo anni fa.
Sul treno abbiamo comprato un mini bento, il pranzo da lavoro o viaggio giapponese. L’uovo sodo alla salsa di soia era davvero buono e pure i tre triangoli di riso ed il pollo fritto. Costo, 3€ a testa e poi dicono che il Giappone è caro, proprio ieri a Fiumicino un panino mi è costato 5€.
Capisci quanta gente c’è a Tokyo quando scendi alla fermata Tokyo della metro. C’è un flusso inarrestabile di persone che procede in ogni direzione e nessuno sembra avere il tempo per dedicarti uno sguardo. Corrono, dormono e chattano al cellulare, come non esistesse altro che il loro mondo.
Le strade di Tokyo sono affascinanti, strette e colorate strade che tagliano in due blocchi di altissimi palazzi.
C’è voluto un po’ per trovare il nostro albergo, il google map sembrava impazzito, continuava a fare salti trai i palazzi portandoci fuori strada.
La nostra camera è minuscola ma confortevole, oltre al letto c’entra una scrivania ed all’ingresso non c’è spazio nemmeno per aprire le valige.
Nel bagno ovviamente c’è il Washlet, la famosa toilet multifunzione con cui ho voluto subito fare un bidet.
Il nostro primo giro è stato una passeggiata a Shibuya tra palazzi colorati, schermi giganti, karaoke club, pachinko, sale giochi e naturalmente migliaia di ristoranti.
Come ogni turista che si rispetti, ci facciamo una foto di rito sotto la statua di Hachiko il cane eroe giapponese, che fa da punto di incontro per tutti gli appuntamenti nella zona di Shibuya
Decidiamo di entrare in una sala giochi piena di macchinette per la pesca di pupazzi, di quelle che perdi sempre, ed infatti abbiamo bruciato 500yen senza vincere niente.
Le attrazioni, i colori ed i negozi di Shibuya ci ritardano abbastanza da farci arrivare al parco Yoyogi quando sta per tramontare il sole.
Il parco è pieno di ragazzi e bancarelle che vendono cibo da strada, ne approfittiamo per prendere uno spiedino di pollo da 200gr ed una birra.
L’enorme spiedino è fantastico, ha un sapore che non mi aspettavo, è succoso e gustoso e facciamo a gara per finirlo.
Quando cerchiamo di visitare il santuario Meiji, lo troviamo chiuso.
Un ragazzo con accento romano mentre parla al telefono dice a qualcuno, anche oggi è pieno di Gaijin.
Gaijin è la parola che i giapponesi usano per indicare gli stranieri ma sentirla pronunciare da un romano che non conosce nemmeno l’italiano con un tale disprezzo mi ha innervosito.
Siamo arrivati tardi, il tempio aveva chiuso al tramonto, lasciandoci fuori, così abbiamo deciso di visitare la famosa Takeshita Street.
Questa piccola strada che parte di fronte alla stazione di Harajiku brulica di turisti, giovani giapponesi a passeggio e negozietti di abiti alla moda.
Ci sono abiti per ogni stile, da quelli black Lolita a quelli punk, quelli stile bambola, quelli carnevaleschi quelli di ispirazione hip hop e di tante altre mode in voga al momento.
Ogni tanto si incontra anche qualcuno con il passeggini ma all’interno ci portano il cane e non i bambini che appena sono in grado di usare i loro piedi, camminano da soli senza lamentarsi.
Le giapponesi sono incredibili, portano le calze scure anche in piena estate, c’è chi gira in gonnellina ed autoreggenti, chi vestita da scolaretta, chi da bambola ma nessuno giudica, ognuno veste come gli pare e può scegliere di seguite una moda o di lanciarne, se ci riesce, una nuova.
Persino un trans vestito di rosa confetto, con una vistosa parrucca ottocentesca passa inosservato, si siede sulle panchina vicino a delle vecchiette e chiacchiera amabilmente.
Per cenare siamo tornati a shibuya dove abbiamo provato per la prima volta Genki sushi, una catena di kaiten particolari dove i piatti non girano all’infinito sul nastro fino a che uno non li prende ma con un computer da ogni postazione, si sceglie ed ordina il proprio sushi che arriva e si ferma proprio davanti al nostro posto.
Quando questa specie di triplo vassoio si ferma davanti a voi, dovete ritirare i vostri piattini e spingere un pulsante che lo rispedisca in cucina.
Nel mio caso, ho dimenticato quasi sempre di premere il bottone, lasciando che il vassoio cominciasse a suonare senza sosta in maniera fastidiosa fino a che il mio vicino di posto giapponese non mi ha indicato di premerlo.
Non potrei spiegarvi a parole il sapore che ha il sushi qui in Giappone, è una cosa unica che potete soltanto provare.
In tutta la serata abbiamo ordinato e mangiato sushi fino a scoppiare, pagando la ridicola cifra di 29€ in due.
Da Genki Sushi il cibo costa poco, Fai tutto da solo e scegliendo bene si possono mangiare moltissime specialità.
A qualsiasi ora della notte a Tokyo, troverete sempre da mangiare, bere, cantare ai karaoke e divertirsi nei locali un po’ particolari per uomini.
Dopo la cena una passeggiata nelle strade di Shibuya per digerire è stata utilissima, peccato che ora Simona stia crollando e non mi voglia accompagnare in cima alla Tokyo Tower a vedere lo skyline notturno.