Come sempre dobbiamo fare tutto di corsa, doccia, colazione e corsa in stazione per non perdere il nostro treno locale, andiamo in campagna.
Sul treno mi accorgo che la batteria della fotocamera è scarica ed ho dimenticato l’adattatore per utilizzare le batterie stilo, la fretta è una brutta bestia che non dovrebbe mai entrare nella vita delle persone, soprattutto quando sono in vacanza.
Abbiamo molti treni locali da cambiare ma non riusciamo a capire dove comprare un pass valido per tutta la zona così ci tocca pagare il biglietto di volta in volta.
L’ultimo trenino su cui saliamo è piccolissimo, dotato di sole due carrozze, sembra un modello nordeuropeo importato in Giappone con il compito arduo di arrampicarsi lentamente sui monti.
Nella salita attraversiamo piccoli paesini con le case tradizionali in legno, non più alte di un piano, i tetti sono spioventi e quasi ogni casa è dotata di un piccolo giardino.
Quando le case cominciano a diradarsi e pure i campi coltivati spariscono ci si inoltra in una fitta e rigogliosa foresta di montagna.
Siamo venuti qui per visitare Kibune e Kurama, due mete molto ambite da chi ama la natura e le passeggiate in montagna.
Non faremo il giro classico salendo da Kibune a Kurama, perché in estate con il caldo pare sia troppo faticoso, così abbiamo deciso di fare il giro inverso, saliremo da Kurama sul monte per poi ridiscendere a Kibune dove pranzeremo in uno dei ristoranti con le terrazze di legno costruite sul letto del fiume.
La ragazza seduta accanto a noi sul treno si prepara alla camminata di montagna sciogliendo e massaggiando tutti i muscoli che ha nel corpo, io invece, me ne sto seduto a mangiare snack salati giapponesi, mentre la guardo con stupore.
Sono ad una fase avanzata della preparazione fisica in cui non c’è bisogno di muovere nessun muscolo tranne quelli della mascella per essere pronto allo sforzo.
La salita lungo i sentieri non è particolarmente faticosa, sono larghi e ben battuti, ci sono ampie scalinate e deliziosi ponticelli da attraversare.
Ogni tanto, lungo il cammino si trovano dei piccoli altari dove la gente si ferma a pregare.
Il sole alto non filtra attraverso la vegetazione rigogliosa, quindi possiamo godere di una certa freschezza tipica del mattino che credo scomparirà verso l’ora di pranzo.
Non ho fatto caso al tempo passato durante la salita, sarà stato circa un ora e mezza, con molte soste per ammirare la bellezza della natura circostante.
Arrivati al tempio superiore ci sono molte persone che pregano e lasciano dei doni.
È pieno di cibo in scatola, confezioni di uova e bottiglie di sakè.
Molte persone dopo aver pregato gli dei e lasciato in dono cibarie e soldi, accendono anche delle piccole candele che resteranno a bruciare fino a consumarsi completamente.
Un po’ defilata rispetto al tempio c’è una magnifica campana di bronzo, non c’è nessuno nei dintorni, così vengo preso improvvisamente dal desiderio di suonarla, afferrò con due mani la corda collegata al tronco sospeso, la tiro indietro facendo qualche passo nella direzione opposta a quella della campana e poi con forza la spingo in avanti fino al rintocco.
Un suono fortissimo riecheggia e vibra nell’aria tutta intorno per qualche secondo, mentre io mi allontanano con circospezione cercando di capire se qualcuno si sia accorto del mio gesto sconsiderato.
Per fortuna pare che nessuno abbia fatto caso a quanto accaduto, nemmeno i monaci che sono chiusi nel tempio a pregare.
Da fuori posso ascoltare la melodia armoniosa e ripetitiva della loro voce ma è vietato entrare, osservare la preghiera e scattare fotografie.
Lasciamo la zona per percorrere l’ultimo tratto fino in cima, qui la vegetazione si fa più rada e lascia spazio ad enormi alberi dai tronchi abbastanza regolari e lisci, il terreno è invaso invece da un infinità quantità di lunghe radici emerse dal terreno che si intrecciano tra loro e corrono ovunque.
È difficile descrivere la scena nel dettaglio, è come se in questo luogo le radici crescessero per qualche motivo fuori dal terreno, formando una trama che veste tutto il terreno.
In questa zona tra le radici e gli alberi moltissime persone sostano per banchettare con un panino veloce o qualche maki sushi preparato a casa.
Restano a meditare sulla bellezza della natura circostante o chiacchierano gioiosamente, prima di affrontare nuovamente la discesa, su uno dei due versanti.
Ne approfittiamo anche noi, ci sediamo su alcune radici e mangiano gli snack rimasti.
Riprendiamo quasi subito la discesa, abbiamo fame e voglia di trovare un ristorante nel quale farci servire qualcosa di gustoso da mangiare.
Anche da questo lato il sentiero è ben battuto e ci sono tantissimi gradoni artificiali che ci aiutano nei tratti ripidi, tutte le perone che incrociamo hanno sempre un sorriso pronto e non dimenticano mai di salutare.
Non è come in città, dove sono tutti un po’ troppo presi da se stessi per accorgersi degli altri.
Ci mettiamo davvero molto tempo a ridiscendere fino al fiume, dove inaspettatamente troviamo una quantità enorme di persone.
Sono tutti arrivati qui per gustarsi la bella giornata ed il pranzo domenicale lontano dal trantran cittadino.
Nei ristoranti con le terrazze in legno costruite sul fiume i prezzi sono decisamente proibitivi, i menù hanno prezzi che variano dagli 80€ ai 120€ per persona e spesso non esiste traduzione in inglese, tutto è scritto con i kanji, perfino il prezzo.
Ho la strana sensazione, osservandoli bene m che non siano ben accetti gli stranieri e le persone comuni.
I clienti sembrano infatti tutte persone eleganti e benestanti, noi sudati scalatori siamo un po’ fuori luogo, così cerchiamo i ristoranti che offrono i Nagashi Somen.
I Nagashi Somen, sono spaghetti che arrivano al tavolo passando in tubi di bambù con l’acqua che scorre.
Con le bacchette bisogna prenderli al volo quando passano, alzarli dal tubo, immergerli nell’apposita salsa e mangiarli.
Per 1200yen potete restare seduti 30 min nei quali siete liberi di afferrare e mangiare tutti gli spaghetti che volete.
L’unico problema è la fila di persone in attesa, il primo turno libero è alle 15:00 e sono le 13:00, devo aspettare quasi due ore e nel frattempo, resistere alla fame e tenere a bada Simona che potrebbe trasformarsi in una belva azzannatrice e diventare ingestibile.
Così rinunciamo ai somen e ci incamminiamo verso la stazione in cerca di cibo più immediato da ottenere.
Da Kibune per raggiungere la stazione bisogna camminare lungo una stradina trafficata per 30 min, conviene prendere l’autobus se avete tempo e pazienza di cercarvi la fermata.
Alla stazione di Demachiyanagi ci infiliamo in una specie di Mc Donald che ha disegnati dei panini giganti sulle vetrine ma quando li ordiniamo ci servono dei panini talmente piccoli da sembrare ridicoli, così dopo averli divorati andiamo via in cerca di qualcosa di meglio da addentare.
Tornati nella mega stazione di Kyoto facciamo un giro in uno dei supermercati alimentari presenti in stazione.
Due ragazze italiane guardano meravigliate i pesciolini disposti in un banco di taiyaki, gli spieghiamo che la marmellata che vedono nei pesciolini di pasta dolce è fatta con i fagioli Azuki e sembrano disgustate, una reazione comune negli italiani con i loro pregiudizi.
Invece di provare una cosa, la giudicano senza nemmeno sapere che sapore abbia.
Le lasciamo nella loro ignoranza ed andiamo avanti ma eccole di nuovo a guardare il sashimi nel banco del pesce.
Questa volta non comunichiamo ma resto ad ascoltare cosa dicono tra loro, gli fa schifo il sashimi perché non mangiano pesce crudo, secondo loro è molto pericoloso per la salute.
Mi giro intorno e vedo che sono circondato da giapponesi che mangiano sashimi e stranamente sembrano tutti più in salute di me, ci deve essere qualcosa che non va nel ragionamento delle tipe.
Mi chiedo che diavolo siano venute a fare in Giappone se non gli piace niente e tutto è pericoloso, potevano restarsene in Italia e non avere problemi.
Un po’ scocciati decidiamo di lasciare il supermercato sotterraneo.
Per esplorare tutta la stazione di Kyoto non basterebbe una settimana, si parte dai sotterranei pieni di alimentari, attraversando poi sette piani di centri commerciali, ristoranti e negozi ed infine si possono prendere le mega scale mobili esterne per arrivare fino in cielo.
Dalle 17 alle 19 nei migliori ristoranti si formano lunghe code fuori la porta di ingresso.
Molti ristoranti hanno all’esterno del locale una fila di sedie che serve per l’attesa del posto.
Chiaramente non c’è bisogno di dare il nome ma contano le posizioni sulle sedie che nessuno si sognerebbe mai di scavalcare.
Se vi capita restate a guardare cosa succede quando entra un nuovo cliente, tutti gli altri scaleranno di un posto sulle sedie libere per avvicinarsi all’ingresso.
È una scena che non avevo mai visto in nessun paese e che mi risulta un po’ buffa.
Ormai siamo agli sgoccioli della vacanza e questa sera ce ne stiamo rendendo conto, siamo seduti sulla gigantesca scalinata della stazione di Kyoto guardando la gente che passa.
È saltato ogni itinerario di visita e non abbiamo voglia di farne di nuovi, cercheremo per qualche giorno di vivere con più leggerezza la vacanza che irrimediabilmente volge al termine.
Domani andremo a Shirakawa-go per rilassarci in mezzo alla natura di un antico villaggio, poi torneremo Tokyo e dopo qualche giorno quel maledetto aereo ci riporterà a casa.
Proviamo a fare un giro di shopping e mi accorgo di una cosa strana, nei negozi non ci sono sistemi antitaccheggio, i supermercati ad esempio hanno aperture su vari lati e si può entrare ed uscire senza nemmeno passare dalle casse, in Italia una cosa del genere sarebbe presa come un incentivo al furto, qui invece è la normalità.
È il cliente che è tenuto se vuole acquistare qualcosa a cercare una cassa e pagare e non il negozio come da noi a tenervi sequestrati se non passate dalle casse.
Questo è un concetto che richiede una dose di civiltà che noi non raggiungeremo mai, purtroppo me ne rendo conto e mi dispiace, da noi siamo limitati e pensiamo che sia bello e da furbi fregare il prossimo.
Nei pressi dei negozi o nelle stradine affollate è comune trovare delle ragazze che annunciano a voce alta i saldi.
Ve ne accorgerete sicuramente perché senza megafono sono lì che sparano degli acuti violentissimi, mi meraviglio perfino che abbiamo ancora la voce dopo un turno di qualche ora ad urlare.
Purtroppo noi nel le capiamo, potrebbero offrirci anche la luna a pochi yen ma per noi sarebbe comunque indifferente.
Le lasciamo tra le loro urla per andare in cerca di qualcosa da mangiare.
Per la prima volta non ci va di andare al ristorante, proveremo a sfruttare l’area comune dell’hostel per prepararci qualcosa.
Decidiamo di saccheggiare un combini per recuperare cibo precotto da padella o microonde, da completare con maki, dolci e bibite varie.
Gli ostelli sono sempre luoghi dove poter fare conoscenze interessanti, infatti al nostro tavolo si aggiungono due giovani ragazzi ebrei.
Sono un fratello ed una sorella e sono molto belli.
Da sei mesi stanno girando il mondo in vacanza con i soldi messi da parte per il diploma.
Mentre sorseggio il mio caffè latte 50/50 mi raccontano del loro viaggio attraverso la Russia, l’India, la Corea e la Cina per poi arrivare in Giappone come meta finale.
In un solo viaggio hanno guadagnato un bagaglio di esperienze che io a 38 anni posso solo provare ad immaginare.
Li invidio molto e vorrei tornare indietro con gli anni per partire in un viaggio così avventuroso intorno al mondo.
Alla fine li salutiamo per andare a dormire e ci facciamo lasciare i contatti di Skype, perché stranamente non sono iscritti a nessun social network.
Gli hostel sono forse i posti migliori per fare delle nuove conoscenze anche se spesso non sono conoscenze giapponesi ma stranieri in terra straniera come noi.