La nascita dello shogunato e le dittature militari
Dopo la sua vittoria sui Taira, Yoritomo, capo del clan Minamoto, si proclamò
(1192) generalissimo (shogun) creando così una nuova istituzione, lo shogunato,
destinata a durare fino al 1867. Egli elesse a capitale la città di Kamakura, 20
km a sud di Yokohama, e dopo aver ripartito le province tra i suoi compagni
d'armi instaurò una vera dittatura.
Il sorgere di questo nuovo regime non provocò tuttavia la fine del regime imperiale e lo shogunato si incorporò nelle
strutture preesistenti. L'imperatore, la sua corte, i suoi ministri continuarono
a risiedere a Kyoto, ma la macchina imperiale girava ormai a vuoto. Nell'epoca
Kamakura (1192- 1333) si produsse un nuovo frazionamento del potere, questa
volta a spese del regime shogunale.
Dopo la morte di Yoritomo (1199) i suoi
vicari (shikken), del clan Hojo, eliminarono definitivamente i Minamoto, poi si
arrogarono il diritto di esercitare il potere derivato, dicevano i nuovi shogun,
direttamente da Yoritomo.
Gli usurpatori Hojo seppero conservare il potere per
oltre un secolo (1200- 1333), che fu un periodo tra i più prosperi della storia
giapponese: grazie all'energia di uno di essi, Tokimune, il Giappone riuscì a
conservare la sua indipendenza minacciata da due tentativi di invasione mongola
nel 1274 e nel 1281.
Ma l'enorme sforzo finanziario compiuto nel corso della guerra contro i Mongoli (si erano dovute fortificare le coste dell'arcipelago)
aveva rovinato le finanze shogunali, mentre i grandi daimyo (signori feudali)
del Sud-Est manifestavano velleità di indipendenza. La crisi fu risolta nel 1338
da un uomo nuovo, Ashikaga Takauji, che si installò a Kyoto e si proclamò
shogun, iniziando il periodo detto Muromachi (1338-1573).