La cerimonia del tè per quanto agli occidentali possa sembrare solamente la preparazione di una bevanda, va molto oltre al concetto fisico dell'acqua che si colora, prende gusto ed aroma.
Si tratta infatti del più importante concetto zen dedicato alla purezza della forma e l'estetica in un rito sociale e religioso.
Un adagio giapponese recita in merito: "cha zen ichimi" (茶禅一味), cioè il tè e lo zen hanno un unico sapore, come a sottoliniare che siano una cosa quasi unica.
Quando si entra in una stanza per la cerimonia del tè, si deve attraversare una piccola porticina chiamata (nijiriguchi, 躙口). La porta è volutamente bassa per far si che ci si debba piegare in segno di umiltà, quando la si attraversa.
All'interno, si viene ospitati in un piccolo spazio dove si osservano gesti che richiamano la naturalezza, la spontaneità e l'equilibrio. Si vive così un distacco dal mondo reale ed un richiamo alla meditazione in un ambiente pieno di oggetti semplici ma dotati di grande impatto espressivo.
Il chashitsu (茶室), la stanza da tè, può essere grande pochi tatami, le finestre sono schermate e la luce che vi filtra regala un atmosfera affascinante.
In un lato della stanz c'è il tokonoma, dove è appeso uno scritto eseguito da un calligrafo esperto di shodō ed una composizione simile all'
ikebana (生花), cbiamata chabana (茶花, fiori per il tè), sempre adatta alla circostanza ed alla stagione in corso.
Sul Tokonoma c'è un palo di legno grezzo chiamato toko-bashira (床柱), su cui è appeso il chabana. Il chabana è un piccolo vaso con quasi sempre un unico fiore, in modo che tutta l'attenzione di chi lo osserva si concentri sulla sua bellezza e semplicità.
Per indicare l'atto di preparare il tè si utilizza il verbo tateru che significa celebrare, e mai il vero suru, cioè fare, eseguire, perchè la cerimonia del tè ha un significato che va ben oltre il semplice gesto di preparare una bevanda.
Quando gli invitati si sono accomodati, seguendo un ordine preciso con la persona più importante (shōkyaku, 正客) al primo posto, si apre la porta scorrevole (shōji 障子) e appare il teishu (亭主, chi deve preparare il tè) inginocchiato in posizione seiza (正座) cioè con le punte dei piedi rivolte verso l'esterno.
Poi si continua a seconda del tipo di cerimonia. In quella più semplice (usucha), si prosegue al posizionamento dei vari utensili e la preparazione del tè nella tazza (chawan, (茶碗).
Ogni commensale, a cominciare da quello più importante, viene posto l'invito a consumare il dolce con la formula rituale: "okashi" o "dōzo" che hanno il significano di: "servitevi del dolce, prego".
Poi gli viene posta dinanzi la chawan, ed il primo invitato si scusa col vicino e gli chiede il permesso di servirsi per primo utilizzando l'espressione: «osakini».
Prende la tazza la fa ruotare per esporre lo shōmen (正面, il segno che indica la parte da esporre) in direzione del teishu dopodiché beve con brevi sorsi esprimendo il suo gradimento, poi pulisce il bordo della tazza nel punto in cui ha bevuto e la posa dinanzi a sé.
Il teishu riprende la tazza e la lava, procedendo allo stesso modo con gli altri ospiti fino a che tutti hanno bevuto il tè. Poi il shōkyaku pronuncia la frase rituale: «onatsume to ochashaku no haiken o».
Questa frase serve a chiedere il permesso di esaminare gli utensili: il contenitore del tè (natsume) e il cucchiaino di bambù (chashaku).
Il permesso viene ovviamente accordato ed a turno gli ospiti prendono gli utensili per osservarli attentamente. Si comincia osservando la tazza, rigirandola tra le mani e chiedendo informazioni sul maestro che l'ha creata, l'epoca e lo stile.
Può capitare a questo punto che venga chiesto all'ospite se vuole dare un nome poetico al
All'ospite poi può venir richiesto se intenda dare un nome poetico (mei) al chashaku, il cucchiaio di bambà, e lui può citare una poesia, un semplice verso o fare semplicemente riferimento alla stagione in corso.
In questi casi vengono molto usati i kigo (季語) cioè i riferimenti stagionali contenuti nell'ultimo verso di un haiku, come ad esempio "aki no kure", sera d'autunno.
La cerimonia si conclude con il teishu che ritorna nella posizione iniziale e contemporaneamente a tutti gli ospiti si inchina profondamente, proprio prima di sparire dietro la porta scorrevole.
Questo tipo di cerimonia è una delle più semplici, ed riguarda l'usucha (tè leggero) ma ve ne sono di assai più lunghe e complesse come quella del koicha (tè denso) che richiede utensili e modalità diverse.
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