La stanza del tè è un luogo fisico in cui si svolge la cerimonia ma è anche un luogo spirituale in cui sono stati rappresentati gli ideali dell'estetica zen.
I concetti precedentemente applicati, lo yūgen (幽玄) ed il sabi (寂) furono arricchiti dal wabi (侘) di Sen no Rikyū.
Lo yūgen era l'incanto sottile, un collegamento con il mistero e l'eleganza impossibile da trasmettere a parole, un concetto molto caro agli autori del Nō, tra cui Zeami (世阿弥 1363-144.
Il sabi era la patina sottile del tempo che rende gli oggetti affascinanti e fà si che ispirino tranquillità ed armonia.
Il wabi invece era un concetto diverso, quasi eversivo, Una ricerca della povertà ed il rifiuto assoluto di ostentazione e ricchezza, dello sfarzo inutile.
Sen no Rikyū amava la sempliceità, vedeva la stanza del tè come dimora della creatività, priva di attaccamenti materiali, quindi una dimora del vuoto.
La voleva spogliata da ogni possibile orpello, con pareti grezze e priva di alcun contenuto che non fosse una liberazione dagli attaccamenti alla vita mondana.
I personaggi che si muovono all'interno della stanza vivono temporaneamente al di furoi dal mondo, dai suoi affanni e le sue regole, per contemplare temporaneamente il vuoto.
Nello spazio racchiuso dalla stanza del tè si riesce a vivere il mu-shin (無心, non-mente), cioè l'abbandono del pensiero ruminante e giudicante per giungere ad un approccio spontaneo in simbiosi con gli oggetti e le persone.
Al vuoto materiale deve corrispondere il vuoto mentale, un'astrazione consapevole in cui spariscono tutte le preoccupazioni e gli attaccamenti alla vita mondanità.
Fin dalla sua creazione, tutti quelli che entravano nellla stanza del tè dovevano essere disarmati ed uguali. Dovevano inginocchiarsi e sottostare alle stesse regole.
Questa pratica di porre sullo stesso livello tutti gli uomini doveva essere destabilizzante per chi era abituato al potere, l'ostentazione e l'apparenza, al punto da infastidire
chi come lo shogun si sentiva minacciato dal potere silenzioso del maestro Sen no Rikyu, fino al punto di essere forse la causa scatenante dell'ordine di sepukku imposto al maestro.